"Bisogna creare condizioni di sicurezza intorno alle piste dove gli atleti si allenano. Se vogliamo colpevolizzare un materiale, lo sci, non è la strada giusta". Al telefono con l'ANSA Corrado Macciò, general manager della Head Italia, azienda leader nello sci, interviene dopo la tragica morte di Matteo Franzoso, e pone l'accento sulla necessità di rendere sicure le piste di allenamento degli sciatori. "Bisogna mutuare il lavoro fatto in formula uno e creare condizioni di sicurezza sempre, non solo in gara - dice - fare in modo che una caduta di uno sciatore in allenamento, che è una cosa normalissima, non abbia conseguenze per l'atleta. Se vogliamo solo dare la colpa a una componente che è un materiale, non troviamo la soluzione solo un colpevole comodo ma senza poi risolvere il problema". Gli sci sempre più performanti non possono essere, per Macciò, messi sotto accusa. Allora cosa si potrebbe fare per 'rallentare'? "Volendo si possono fare dei tracciati che fanno fare agli atleti più curve, farli girare di più, farli andare più piano - spiega - quello si può fare anche se poi facendo girare troppo i tracciati si rischia di creare problemi alle articolazioni, e quindi non è la soluzione ideale. Questi gravi incidenti - sottolinea Macciò - non si sono verificati in competizione ma durante gli allenamenti dove le piste non hanno le stesse condizioni di sicurezza che invece ci sono in gara, dove, ad esempio, ci sono tre tipi di reti. Si dovrebbe fare in modo che anche in allenamento gli atleti abbiano le stesse condizioni. E' come se in formula uno si facessero le prove in strada, ci sarebbero incidenti invece le prove le fanno sulla stessa pista dove poi si gareggia. Poi, magari, rendere obbligatorio anche in allenamento l'uso dell'airbag potrebbe comunque essere una indicazione importante. Le tute antitaglio hanno la loro importanza, l'ipotesi casco integrale potrebbe invece creare dei problemi di visibilità. Lo ripeto, di base il problema è legato alle condizioni di sicurezza della preparazione delle piste soprattutto durante gli allenamenti". "Se io faccio uno sci diverso ma l'atleta cade e va fuori pista e non è protetto e va contro un ostacolo come è successo per Matteo, non ci faccio niente. Purtroppo lui si è scontrato come Matilde Lorenzi, che è uscita fuori pista e ha picchiato contro un pezzo di ghiaccio ma perché è uscita fuori pista perché non c'è stata nessuna protezione". "In questi casi meno parole si dicono meno si alimentano polemiche - conclude Macciò - c'è solo del gran dolore e da piangere un ragazzo che stava svolgendo la sua passione e purtroppo questa tragedia gliela ha spenta".
di Napoli Magazine
16/09/2025 - 17:34
"Bisogna creare condizioni di sicurezza intorno alle piste dove gli atleti si allenano. Se vogliamo colpevolizzare un materiale, lo sci, non è la strada giusta". Al telefono con l'ANSA Corrado Macciò, general manager della Head Italia, azienda leader nello sci, interviene dopo la tragica morte di Matteo Franzoso, e pone l'accento sulla necessità di rendere sicure le piste di allenamento degli sciatori. "Bisogna mutuare il lavoro fatto in formula uno e creare condizioni di sicurezza sempre, non solo in gara - dice - fare in modo che una caduta di uno sciatore in allenamento, che è una cosa normalissima, non abbia conseguenze per l'atleta. Se vogliamo solo dare la colpa a una componente che è un materiale, non troviamo la soluzione solo un colpevole comodo ma senza poi risolvere il problema". Gli sci sempre più performanti non possono essere, per Macciò, messi sotto accusa. Allora cosa si potrebbe fare per 'rallentare'? "Volendo si possono fare dei tracciati che fanno fare agli atleti più curve, farli girare di più, farli andare più piano - spiega - quello si può fare anche se poi facendo girare troppo i tracciati si rischia di creare problemi alle articolazioni, e quindi non è la soluzione ideale. Questi gravi incidenti - sottolinea Macciò - non si sono verificati in competizione ma durante gli allenamenti dove le piste non hanno le stesse condizioni di sicurezza che invece ci sono in gara, dove, ad esempio, ci sono tre tipi di reti. Si dovrebbe fare in modo che anche in allenamento gli atleti abbiano le stesse condizioni. E' come se in formula uno si facessero le prove in strada, ci sarebbero incidenti invece le prove le fanno sulla stessa pista dove poi si gareggia. Poi, magari, rendere obbligatorio anche in allenamento l'uso dell'airbag potrebbe comunque essere una indicazione importante. Le tute antitaglio hanno la loro importanza, l'ipotesi casco integrale potrebbe invece creare dei problemi di visibilità. Lo ripeto, di base il problema è legato alle condizioni di sicurezza della preparazione delle piste soprattutto durante gli allenamenti". "Se io faccio uno sci diverso ma l'atleta cade e va fuori pista e non è protetto e va contro un ostacolo come è successo per Matteo, non ci faccio niente. Purtroppo lui si è scontrato come Matilde Lorenzi, che è uscita fuori pista e ha picchiato contro un pezzo di ghiaccio ma perché è uscita fuori pista perché non c'è stata nessuna protezione". "In questi casi meno parole si dicono meno si alimentano polemiche - conclude Macciò - c'è solo del gran dolore e da piangere un ragazzo che stava svolgendo la sua passione e purtroppo questa tragedia gliela ha spenta".