“Il caso di Martina, appena quattordicenne, uccisa dal giovanissimo fidanzato reo confesso, lascia sgomenti, più di altri proprio per la giovane età, ma purtroppo non sorprende”. A parlare è la sociologa Anna Lisa Tota, prorettrice vicaria di Roma Tre e membro dell’Ais, Associazione italiana sociologi. “Non bisogna pensare a questo ragazzo come un caso isolato, un caso spurio della società, a sè stante. Non è un raptus, non è un momento di follia. È, come dicevano le femministe per gli stupri, un “figlio sano” della società patriarcale. Un modello tossico che si tramanda attraverso le generazioni. Martina ha espresso solo il suo sacrosanto diritto a entrare e uscire da una relazione, seguendo i suoi bisogni emotivi, ma per lui questo non era pensabile. Questa sua scelta ledeva il senso di sè, non ha potuto permetterglielo. Tale modo di intendere il rapporto uomo donna non si puó più tollerare in nessun modo, e occorre davvero uno sforzo di tutta la società agente e di tutti gli attori educativi per scardinare ora, immediatamente, questa subcultura patriarcale. Conteremo ancora vittime, vivremo ancora lutti collettivi se non lo faremo. E non potremo stupirci che accada. La società tutta si metta in moto: le famiglie, la scuola, la musica, l’università, il cinema, lo sport. Tutti e tutte insieme”, conclude la prorettrice vicaria.
di Napoli Magazine
28/05/2025 - 18:36
“Il caso di Martina, appena quattordicenne, uccisa dal giovanissimo fidanzato reo confesso, lascia sgomenti, più di altri proprio per la giovane età, ma purtroppo non sorprende”. A parlare è la sociologa Anna Lisa Tota, prorettrice vicaria di Roma Tre e membro dell’Ais, Associazione italiana sociologi. “Non bisogna pensare a questo ragazzo come un caso isolato, un caso spurio della società, a sè stante. Non è un raptus, non è un momento di follia. È, come dicevano le femministe per gli stupri, un “figlio sano” della società patriarcale. Un modello tossico che si tramanda attraverso le generazioni. Martina ha espresso solo il suo sacrosanto diritto a entrare e uscire da una relazione, seguendo i suoi bisogni emotivi, ma per lui questo non era pensabile. Questa sua scelta ledeva il senso di sè, non ha potuto permetterglielo. Tale modo di intendere il rapporto uomo donna non si puó più tollerare in nessun modo, e occorre davvero uno sforzo di tutta la società agente e di tutti gli attori educativi per scardinare ora, immediatamente, questa subcultura patriarcale. Conteremo ancora vittime, vivremo ancora lutti collettivi se non lo faremo. E non potremo stupirci che accada. La società tutta si metta in moto: le famiglie, la scuola, la musica, l’università, il cinema, lo sport. Tutti e tutte insieme”, conclude la prorettrice vicaria.