Prima esperienza in panchina per Davide Ancelotti, figlio di Carlo. Il giovane tecnico è l’allenatore del Botafogo, il primo impegno da head coach.
Alla Gazzetta dello Sport, Davide ha così parlato: “Ho voluto la bicicletta e adesso pedalo. I dirigenti del Botafogo, i collaboratori, i giocatori e il pubblico mi stanno aiutando molto. Fare il primo allenatore comporta un dispendio di energie non indifferente: devi avere tutto sotto controllo, devi dare le linee guida, devi risolvere i problemi e solo alla fine devi anche pensare a buttare giù la formazione…”.
Qualcuno le ha detto: ma chi te lo ha fatto fare?
“Desideravo mettermi in gioco. A 36 anni, penso che sia naturale e umano tentare un’esperienza del genere. Mi sentivo pronto e mi sono buttato. E poi mi porto in dote una lezione, quella di mio papà: mi servirà moltissimo in questo percorso”.
Ha poi aggiunto: "Se fai l’allenatore, è pesantissimo. Non posso negarlo. Ma è pesante anche portare il nome Maldini per Daniel, dopo che Paolo è stato un monumento. E per Paolo sarà stato pesante iniziare dopo Cesare… È normale. So che verrò giudicato, specie in principio, perché sono il ‘figlio di Carlo’. E so anche che non sarà semplice superare i problemi e i pregiudizi. Però conosco un solo metodo per imparare a nuotare: tuffarsi in mare e muovere braccia e gambe. È quello che sto cercando di fare. Consigli di papà? Ogni giorno, è il mio primo tifoso. Soffre tantissimo le gare, mi chiede, ascolta ma sempre in modo discreto. Non è invadente. Lascia che faccia la mia strada e, solo se glielo chiedo, mi dà un suggerimento”.
di Napoli Magazine
26/07/2025 - 15:26
Prima esperienza in panchina per Davide Ancelotti, figlio di Carlo. Il giovane tecnico è l’allenatore del Botafogo, il primo impegno da head coach.
Alla Gazzetta dello Sport, Davide ha così parlato: “Ho voluto la bicicletta e adesso pedalo. I dirigenti del Botafogo, i collaboratori, i giocatori e il pubblico mi stanno aiutando molto. Fare il primo allenatore comporta un dispendio di energie non indifferente: devi avere tutto sotto controllo, devi dare le linee guida, devi risolvere i problemi e solo alla fine devi anche pensare a buttare giù la formazione…”.
Qualcuno le ha detto: ma chi te lo ha fatto fare?
“Desideravo mettermi in gioco. A 36 anni, penso che sia naturale e umano tentare un’esperienza del genere. Mi sentivo pronto e mi sono buttato. E poi mi porto in dote una lezione, quella di mio papà: mi servirà moltissimo in questo percorso”.
Ha poi aggiunto: "Se fai l’allenatore, è pesantissimo. Non posso negarlo. Ma è pesante anche portare il nome Maldini per Daniel, dopo che Paolo è stato un monumento. E per Paolo sarà stato pesante iniziare dopo Cesare… È normale. So che verrò giudicato, specie in principio, perché sono il ‘figlio di Carlo’. E so anche che non sarà semplice superare i problemi e i pregiudizi. Però conosco un solo metodo per imparare a nuotare: tuffarsi in mare e muovere braccia e gambe. È quello che sto cercando di fare. Consigli di papà? Ogni giorno, è il mio primo tifoso. Soffre tantissimo le gare, mi chiede, ascolta ma sempre in modo discreto. Non è invadente. Lascia che faccia la mia strada e, solo se glielo chiedo, mi dà un suggerimento”.