Walter Mazzarri, ex tecnico del Napoli, ha rilasciato un'intervista a La Gazzetta dello Sport. Ecco un estratto:
"Mi manca allenare nella misura in cui, dovessi accettare la prossima offerta, io possa fare le cose che ho fatto nei primi sedici anni di carriera. Mi rimprovero di aver accettato cose che non avrei accettato prima. Se tornassi in gioco, nel rispetto dei ruoli, tornerei il Mazzarri di prima".
Nuove esperienze in panchina?
"Mi hanno cercato in molti, ma dopo 23 anni che alleno avrò anche il diritto di poter scegliere. Posso dire che alcune squadre mi hanno cercato, ma c'era anche il problema della guerra in quelle zone. In un posto dove mi volevano a tutti i costi poi è stata lanciata una bomba. Dopo 23 anni di carriera, ripeto, me lo posso permettere di scegliere anche se andare o meno in un posto più conscio".
Spesso venivo accusato perché trovavo "scuse"?
"Quando le cose non vanno bene, mi assumo le responsabilità. Io penso a difendere i miei calciatori sempre, magari usavo delle scuse per non farli attaccare. Invece oggi vedo miei colleghi che attaccano i loro giocatori pubblicamente. A me non interessa fare bella figura, io avevo sempre da proteggere la mia squadra".
Il gesto dell'orologio?
"Il mio gesto è diventato iconico. Io volevo recuperare il tempo oppure volevo il fischio perché vincevo. Noi giocavamo bene e per far risultato contro di noi se ne inventavano di ogni. Questo gesto ora è immortalato al Maradona. Sarà diventato un "meme" e in questo senso possono anche farmi piacere".
Come allenatore faccio poco turnover?
"Quando faccio i famosi schemi, li faccio con 22 giocatori e non solo con i titolari. Se avessi avuto l'alternativa a Lavezzi nel Napoli, per fare un esempio, avrei avuto un calciatore che faceva lo stesso lavoro. Il problema è la qualità, perchè se il sostituto di Lavezzi non ha la stessa qualità c'è un problema. La differenza nel calcio la fanno i calciatori nella trequarti offensiva, l'allenatore può fare la differenza nel resto del campo. Quando facevo giocare i titolarissimi, se vedevate la rosa del Napoli, non potevo sostituire Lavezzi con chi avevo in panchina.Le rose di oggi, invece, sono molto più profonde e complete rispetto a quando c'ero io. Tempi diverse e rose diverse".
La fase difensiva?
"Mi arrabbiavo quando mi dicevano questo. Chiedete a Lucarelli, Lavezzi o Cavani, oppure a Pazzini. Tutti hanno sempre fatto un gran numero di gol sotto la mia gestione. Rolando Bianchi dopo la Reggina con me è andato al Manchester City. Tutti gli attaccanti hanno sempre fatto benissimo con me, ci sarà un motivo? Nella vita contano i fatti, poi magari a qualcuno Mazzarri sta antipatico ma i numeri parlano chiaro".
Come nasce l'idea dei tre tenori al Napoli?
"In primis devi avere la fortuna di avere calciatori adatti al tuo gioco. La forza di Lavezzi era saltare l'uomo, per questo dovevo per forza farlo partire largo a sinistra. Se lo avessi messo al centro non sarebbe stato efficace, quando l'ho conosciuto l'ho capito subito ed ho cercato di esaltare le sue qualità. Il Pocho era esplosivo, nel breve era fortissimo ma poi a fine azione faceva fatica a recuperare. In quel caso c'era Hamsik, intelligente, completo e con grande gamba, si abbassava per fare il 3-5-2 'storto' come lo definisco io. Quando sono tornato a Napoli ho provato a fare una cosa simile che facevo con Lavezzi anche con Kvaratskhelia. Però avevo la mezzala che non aveva le caratteristiche idonee per il tipo di corsa che chiedevo e quindi abbiamo optato per qualcosa di diverso".
Aneddoto di Lavezzi, Cavani e Hamsik?
"Ho avuto la fortuna di allenarli quando non erano ancora campioni, ma ancora ragazzi ed erano giovanissimi. Lavezzi, ad esempio, con me è diventato atleta perchè l'ho fatto dimagrire. Quando firmai con il Napoli si vociferava che potesse andare via, io mi sono imposto per farlo restare in azzurro perchè sapevo che sarebbe diventato quello che poi abbiamo visto. I 'tre tenori' sono diventati tali dal secondo anno. Hamsik è rimasto a Napoli perchè era innamorato della città, ma aveva proposte importanti anche dalla Juventus".
Difficile allenare Lavezzi?
"Quando all'inizio me lo dissero, c'era Quagliarella e non Cavani. Il Pocho non pensava alla fase difensiva e se ti difendi in uno in meno cambia tutto. A Lavezzi dissi di migliorare la condizione atletica, poi quando finisce l'azione dopo cinque-sei dribbling devi tornare e metterti davanti al terzino. Lo obbligavo a rientrare, glielo dovevo ricordare sempre e lui me lo chiedeva perchè mi diceva che se lo dimenticava. Con lui ho avuto un grande rapporto, poi c'è l'aneddoto delle vacanze di Natale e dei ritorni dopo le soste. Noi dovevamo dare il programma per i giorni di permesso natalizi, sia per italiani che per i sudamericani. Io davo un giorno di differenza, un giorno i sudamericani vollero parlare con me perchè avevo deciso di farli rientrare prima dell'ultimo dell'anno visto che il 6 gennaio si giocava contro la Roma. Allora Lavezzi mi fa 'Mister, se non mi fa tornare il 2 gennaio diventa un problema'. Io li guardo tutti e decido di metterli alla prova per vedere quanto fossero uomini, nonostante la società non fosse d'accordo. Li feci tornare il 2, a quattro giorni dalla gara con la Roma. Lavezzi salutandomi e dandomi la mano disse 'Ti prometto che torniamo e ce li mangiamo". Morale della favola vincemmo con la Roma con una grande prestazione, davvero si mangiarono gli avversari. Nel post partita vengono nello spogliatoio e mi dicono 'hai visto mister?', lì ho capito che unione c'era in quel gruppo".
Su Cavani:
"Basta guardare i dati tra il passaggio a Palermo e Napoli. Quando arrivò tutti mi dicevano che aveva una forza incredibile, ma era frettoloso e sbagliava tanto sotto porta. Dopo l'allenamento mi fermavo con lui e gli dicevo sempre 'guarda la palla, rallenta e carica il tiro davanti al portiere'. Se vedete Maradona, quando calcia lui rallenta e guarda la palla perchè già sa dov'è la porta. Da quando Cavani ha iniziato a fare così è diventato un bomber pazzesco, segnava da tutte le parti. Cavani l'ho voluto io perchè, quando ero alla Sampdoria, affrontai il Palermo e lui riusciva a pressare tutti da solo. Mi rimase impresso, aveva una corsa pazzesca e si muoveva tanto. Segnava poco e non convinceva tutti. Dissi a Bigon di prenderlo e lo stesso dissi al presidente perchè volevamo fare uno step in più dopo il sesto posto. Cavani arriva a Napoli perchè l'ho voluto io, loro avevano pensato ad un altro che secondo me in Serie A avrebbe fatto al massimo il quarto attaccante".
Rapporto con i giocatori del Napoli?
Maggio, Lavezzi e Cavani, calciatori con cui avevo uno splendido rapporto, se devono parlare di me a qualcuno lo fanno con il massimo della riconoscenza. Credo di essere stato l'unico a Napoli quattro anni con De Laurentiis. Sarri è stato tre anni ed anche gli altri che hanno vinto lo scudetto sono rimasti meno di me".
Il più grande successo tra Coppa Italia con il Napoli, record punti con il Torino, salvezza Reggina o promozione in A con il Livorno?
"Mi metti in difficoltà, ma la risonanza della piazza di Napoli è enorme perchè ti vedono da tutto il mondo. Battemmo la Juventus e fu l'apoteosi quella vittoria. Ma anche a Reggio fu come uno scudetto vinto con 70mila persone in piazza per quella salvezza. Penso poi anche alla Sampdoria ed al Livorno, casa mia. Di soddisfazioni ce ne sono state tanti e di tutti i tipi".
Modulo preferito?
"Il 4-3-3 ma dipende dalla squadra e dalle caratteristiche, altrimenti passo al 3-4-3 o 3-5-2 ma dipende da chi alleno. Chi scelgo tra i 'tre tenori' e Politano, Kvaratskhelia e Osimhen?Purtoppo i secondi li ho avuti poco e per poco tempo, quindi devo scegliere i primi tre".
Giocatore più forte che ho allenato?
"Ho fatto un capitolo su Hamsik sul libro perchè era il più completo. Ma penso anche a Cavani, Lavezzi o Lucarelli e Pazzini. Tanti ragazzi che mi vogliono bene e li ringrazio. Marek era un cervello in campo, eseguiva subito".
Il calciatore più carismatico?
"Inler, dava l'esempio con poche parole. Ora infatti sta facendo il direttore sportivo ma ai nostri tempi era fondamentale".
Giocatore più sottovalutato?
"Campagnaro, ora si parla tanto di braccetto ma noi già eravamo evoluti perchè Campagnaro portava superiorità numerica in fase offensiva. Oggi se ne parla tanto, ma noi già lo facevamo diversi anni fa".
Rapporto con l'inglese?
"Vi dico che quando arrivai a Napoli dovevamo registrare lo spot pubblicitario per la Lete. Io quando devo recitare non sono capace, facemmo 67 ciak per una battuta di poche parole. Se parlo un inglese maccheronico come tanti colleghi, sono anche capace. In Inghilterra ho allenato un anno e fatto anche bene, vuol dire che mi capivano".
Guardiola?
"Nei miei anni il Napoli faceva un calcio semplice e bello, che ora in tanti come Gasperini hanno replicato. Le squadre che giocavano a quattro si trovavano in difficoltà. Per questo motivo Guardiola, che studia tantissimo ed è tra i più grandi di sempre, ci invitò al trofeo Gamper per studiare il nostro metodo da vicino. A fine partita abbiamo bevuto un drink nel suo studio e abbiamo parlato perchè era molto incuriosito".
di Napoli Magazine
15/11/2025 - 08:59
Walter Mazzarri, ex tecnico del Napoli, ha rilasciato un'intervista a La Gazzetta dello Sport. Ecco un estratto:
"Mi manca allenare nella misura in cui, dovessi accettare la prossima offerta, io possa fare le cose che ho fatto nei primi sedici anni di carriera. Mi rimprovero di aver accettato cose che non avrei accettato prima. Se tornassi in gioco, nel rispetto dei ruoli, tornerei il Mazzarri di prima".
Nuove esperienze in panchina?
"Mi hanno cercato in molti, ma dopo 23 anni che alleno avrò anche il diritto di poter scegliere. Posso dire che alcune squadre mi hanno cercato, ma c'era anche il problema della guerra in quelle zone. In un posto dove mi volevano a tutti i costi poi è stata lanciata una bomba. Dopo 23 anni di carriera, ripeto, me lo posso permettere di scegliere anche se andare o meno in un posto più conscio".
Spesso venivo accusato perché trovavo "scuse"?
"Quando le cose non vanno bene, mi assumo le responsabilità. Io penso a difendere i miei calciatori sempre, magari usavo delle scuse per non farli attaccare. Invece oggi vedo miei colleghi che attaccano i loro giocatori pubblicamente. A me non interessa fare bella figura, io avevo sempre da proteggere la mia squadra".
Il gesto dell'orologio?
"Il mio gesto è diventato iconico. Io volevo recuperare il tempo oppure volevo il fischio perché vincevo. Noi giocavamo bene e per far risultato contro di noi se ne inventavano di ogni. Questo gesto ora è immortalato al Maradona. Sarà diventato un "meme" e in questo senso possono anche farmi piacere".
Come allenatore faccio poco turnover?
"Quando faccio i famosi schemi, li faccio con 22 giocatori e non solo con i titolari. Se avessi avuto l'alternativa a Lavezzi nel Napoli, per fare un esempio, avrei avuto un calciatore che faceva lo stesso lavoro. Il problema è la qualità, perchè se il sostituto di Lavezzi non ha la stessa qualità c'è un problema. La differenza nel calcio la fanno i calciatori nella trequarti offensiva, l'allenatore può fare la differenza nel resto del campo. Quando facevo giocare i titolarissimi, se vedevate la rosa del Napoli, non potevo sostituire Lavezzi con chi avevo in panchina.Le rose di oggi, invece, sono molto più profonde e complete rispetto a quando c'ero io. Tempi diverse e rose diverse".
La fase difensiva?
"Mi arrabbiavo quando mi dicevano questo. Chiedete a Lucarelli, Lavezzi o Cavani, oppure a Pazzini. Tutti hanno sempre fatto un gran numero di gol sotto la mia gestione. Rolando Bianchi dopo la Reggina con me è andato al Manchester City. Tutti gli attaccanti hanno sempre fatto benissimo con me, ci sarà un motivo? Nella vita contano i fatti, poi magari a qualcuno Mazzarri sta antipatico ma i numeri parlano chiaro".
Come nasce l'idea dei tre tenori al Napoli?
"In primis devi avere la fortuna di avere calciatori adatti al tuo gioco. La forza di Lavezzi era saltare l'uomo, per questo dovevo per forza farlo partire largo a sinistra. Se lo avessi messo al centro non sarebbe stato efficace, quando l'ho conosciuto l'ho capito subito ed ho cercato di esaltare le sue qualità. Il Pocho era esplosivo, nel breve era fortissimo ma poi a fine azione faceva fatica a recuperare. In quel caso c'era Hamsik, intelligente, completo e con grande gamba, si abbassava per fare il 3-5-2 'storto' come lo definisco io. Quando sono tornato a Napoli ho provato a fare una cosa simile che facevo con Lavezzi anche con Kvaratskhelia. Però avevo la mezzala che non aveva le caratteristiche idonee per il tipo di corsa che chiedevo e quindi abbiamo optato per qualcosa di diverso".
Aneddoto di Lavezzi, Cavani e Hamsik?
"Ho avuto la fortuna di allenarli quando non erano ancora campioni, ma ancora ragazzi ed erano giovanissimi. Lavezzi, ad esempio, con me è diventato atleta perchè l'ho fatto dimagrire. Quando firmai con il Napoli si vociferava che potesse andare via, io mi sono imposto per farlo restare in azzurro perchè sapevo che sarebbe diventato quello che poi abbiamo visto. I 'tre tenori' sono diventati tali dal secondo anno. Hamsik è rimasto a Napoli perchè era innamorato della città, ma aveva proposte importanti anche dalla Juventus".
Difficile allenare Lavezzi?
"Quando all'inizio me lo dissero, c'era Quagliarella e non Cavani. Il Pocho non pensava alla fase difensiva e se ti difendi in uno in meno cambia tutto. A Lavezzi dissi di migliorare la condizione atletica, poi quando finisce l'azione dopo cinque-sei dribbling devi tornare e metterti davanti al terzino. Lo obbligavo a rientrare, glielo dovevo ricordare sempre e lui me lo chiedeva perchè mi diceva che se lo dimenticava. Con lui ho avuto un grande rapporto, poi c'è l'aneddoto delle vacanze di Natale e dei ritorni dopo le soste. Noi dovevamo dare il programma per i giorni di permesso natalizi, sia per italiani che per i sudamericani. Io davo un giorno di differenza, un giorno i sudamericani vollero parlare con me perchè avevo deciso di farli rientrare prima dell'ultimo dell'anno visto che il 6 gennaio si giocava contro la Roma. Allora Lavezzi mi fa 'Mister, se non mi fa tornare il 2 gennaio diventa un problema'. Io li guardo tutti e decido di metterli alla prova per vedere quanto fossero uomini, nonostante la società non fosse d'accordo. Li feci tornare il 2, a quattro giorni dalla gara con la Roma. Lavezzi salutandomi e dandomi la mano disse 'Ti prometto che torniamo e ce li mangiamo". Morale della favola vincemmo con la Roma con una grande prestazione, davvero si mangiarono gli avversari. Nel post partita vengono nello spogliatoio e mi dicono 'hai visto mister?', lì ho capito che unione c'era in quel gruppo".
Su Cavani:
"Basta guardare i dati tra il passaggio a Palermo e Napoli. Quando arrivò tutti mi dicevano che aveva una forza incredibile, ma era frettoloso e sbagliava tanto sotto porta. Dopo l'allenamento mi fermavo con lui e gli dicevo sempre 'guarda la palla, rallenta e carica il tiro davanti al portiere'. Se vedete Maradona, quando calcia lui rallenta e guarda la palla perchè già sa dov'è la porta. Da quando Cavani ha iniziato a fare così è diventato un bomber pazzesco, segnava da tutte le parti. Cavani l'ho voluto io perchè, quando ero alla Sampdoria, affrontai il Palermo e lui riusciva a pressare tutti da solo. Mi rimase impresso, aveva una corsa pazzesca e si muoveva tanto. Segnava poco e non convinceva tutti. Dissi a Bigon di prenderlo e lo stesso dissi al presidente perchè volevamo fare uno step in più dopo il sesto posto. Cavani arriva a Napoli perchè l'ho voluto io, loro avevano pensato ad un altro che secondo me in Serie A avrebbe fatto al massimo il quarto attaccante".
Rapporto con i giocatori del Napoli?
Maggio, Lavezzi e Cavani, calciatori con cui avevo uno splendido rapporto, se devono parlare di me a qualcuno lo fanno con il massimo della riconoscenza. Credo di essere stato l'unico a Napoli quattro anni con De Laurentiis. Sarri è stato tre anni ed anche gli altri che hanno vinto lo scudetto sono rimasti meno di me".
Il più grande successo tra Coppa Italia con il Napoli, record punti con il Torino, salvezza Reggina o promozione in A con il Livorno?
"Mi metti in difficoltà, ma la risonanza della piazza di Napoli è enorme perchè ti vedono da tutto il mondo. Battemmo la Juventus e fu l'apoteosi quella vittoria. Ma anche a Reggio fu come uno scudetto vinto con 70mila persone in piazza per quella salvezza. Penso poi anche alla Sampdoria ed al Livorno, casa mia. Di soddisfazioni ce ne sono state tanti e di tutti i tipi".
Modulo preferito?
"Il 4-3-3 ma dipende dalla squadra e dalle caratteristiche, altrimenti passo al 3-4-3 o 3-5-2 ma dipende da chi alleno. Chi scelgo tra i 'tre tenori' e Politano, Kvaratskhelia e Osimhen?Purtoppo i secondi li ho avuti poco e per poco tempo, quindi devo scegliere i primi tre".
Giocatore più forte che ho allenato?
"Ho fatto un capitolo su Hamsik sul libro perchè era il più completo. Ma penso anche a Cavani, Lavezzi o Lucarelli e Pazzini. Tanti ragazzi che mi vogliono bene e li ringrazio. Marek era un cervello in campo, eseguiva subito".
Il calciatore più carismatico?
"Inler, dava l'esempio con poche parole. Ora infatti sta facendo il direttore sportivo ma ai nostri tempi era fondamentale".
Giocatore più sottovalutato?
"Campagnaro, ora si parla tanto di braccetto ma noi già eravamo evoluti perchè Campagnaro portava superiorità numerica in fase offensiva. Oggi se ne parla tanto, ma noi già lo facevamo diversi anni fa".
Rapporto con l'inglese?
"Vi dico che quando arrivai a Napoli dovevamo registrare lo spot pubblicitario per la Lete. Io quando devo recitare non sono capace, facemmo 67 ciak per una battuta di poche parole. Se parlo un inglese maccheronico come tanti colleghi, sono anche capace. In Inghilterra ho allenato un anno e fatto anche bene, vuol dire che mi capivano".
Guardiola?
"Nei miei anni il Napoli faceva un calcio semplice e bello, che ora in tanti come Gasperini hanno replicato. Le squadre che giocavano a quattro si trovavano in difficoltà. Per questo motivo Guardiola, che studia tantissimo ed è tra i più grandi di sempre, ci invitò al trofeo Gamper per studiare il nostro metodo da vicino. A fine partita abbiamo bevuto un drink nel suo studio e abbiamo parlato perchè era molto incuriosito".