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RADIO CRC - Napoli, Di Lorenzo: "In sei anni è successo di tutto, dall'essere capitano a vincere lo scudetto, sono legato alla città, Lecce? Vogliamo portare a casa la vittoria"
30.04.2025 11:32 di Napoli Magazine

NAPOLI - Giovanni Di Lorenzo, terzino e capitano del Napoli, è intervenuto in esclusiva ai microfoni di Radio CRC: "Sono già passati sei anni a Napoli, qui sto bene con la mia famiglia ed è successo davvero di tutto. Due anni fa abbiamo vinto lo scudetto e mai avrei immaginato di essere capitano come Maradona. Ogni giorno cerco di meritarmela e di rappresentare al meglio la società e la squadra. Come mi comporto coi nuovi arrivi? Spesso sono io a muovermi verso di loro, per metterli a loro agio e per farli inserire, magari con un messaggio o una chiamata. Gli consiglio le stesse cose che dissero a me quando arrivai, la cosa fondamentale sia vivere la città come una persona normale e non sentendosi diversi. Io esco spesso in centro, scendo e non vivo male la città. Lecce? Ci tengo prima di tutto a mandare un abbraccio alla famiglia del fisioterapista del Lecce, la notizia ci ha colpiti molto. Sarà una partita difficile: loro lottano per salvarsi, e questa tragedia ha reso l’atmosfera particolare. Ma noi vogliamo portare a casa la vittoria. Conte? Da capitano sono il più vicino all’allenatore, passo i suoi messaggi alla squadra. Fin dal primo giorno c’è stato un legame diretto, sincero e leale. La base è la sincerità: Conte è un allenatore forte, conoscevo già le sue qualità da avversario e in questi mesi le ha confermate. Siamo felici di averlo con noi. La forza del Napoli? Il gruppo. Dietro ogni grande vittoria e ogni grande squadra c’è un gruppo solido. Quando ci si vuole bene davvero, si affronta tutto meglio. Le difficoltà arriveranno, come sempre, ma ciò che conta è come reagiamo. Se il gruppo è sano, superare i limiti diventa più semplice. L'importanza della catena di destra con Politano e Anguissa? Ci conosciamo bene, da anni. Sappiamo leggere i movimenti l’uno dell’altro, ed è una qualità che ci portiamo dietro nel tempo. Ma il merito è anche del mister, che tiene alta l’intensità e coinvolge tutti. Anche chi gioca meno dà un contributo importante: è questo spirito che porta i risultati. I leader dello spogliatoio? I più esperti devono esserlo e tutti devono sentirsi leader per rappresentare la città. Un nome? Lobotka, è silenzioso, ma quando la palla pesa la cerca e non si nasconde. Si prende la responsabilità in campo: non parla tantissimo, ma è il primo a battagliare. Il match più difficile della stagione? Togliendo la Coppa Italia, direi col Bologna. L'estate è stata particolare per me, tornare al Maradona e segnare il primo gol è stato bello, come ritornare a com'era prima, all'amore per la città e per i tifosi. Emozionalmente è stata quella. La notizia di Conte al Napoli? Ero all’Europeo, si leggeva del nome del mister ed ho subito pensavo che fosse l’allenatore e la persona giusta per noi. A distanza di 10 mesi posso confermarlo. Dalle prime telefonate, mi ha subito trasmesso fiducia e stima e mi ha detto che aveva bisogno di me per ripartire per riportare il Napoli a competere. Anche io avevo bisogno di lui, la squadra aveva bisogno di lui. Il mister ci ha portati ad un livello importante in poco tempo. I miei idoli? Da bambino vuoi sempre segnare, avevo il soprannome 'Batigol' perchè un dirigente della scuola calcio era tifoso della Fiorentina e di Batistuta. Però non ho un idolo a cui mi sono ispirato, adesso guardo i più forti nel mio ruolo e cerco di prendere qualcosa dagli altri. Kvaratskhelia? Ieri sera ho visto la sua partita con il PSG: è fortissimo e gli auguro il meglio, anche di vincere la Champions League. Il mio idolo? Da bambino vuoi sempre segnare, avevo il soprannome 'Batigol' perché un dirigente della scuola calcio era tifoso della Fiorentina e di Batistuta. Però non ho un idolo a cui mi sono ispirato. Il miglior terzino della storia? Ogni epoca ha i suoi. Il ruolo è cambiato: oggi si chiede di fare molto di più, anche da registi. Ho cercato di migliorarmi, grazie anche ai miei compagni. Si parla di scudetto nello spogliatoio? Siamo a un punto cruciale. All'inizio sembrava irraggiungibile, ora siamo lì: difficile, ma ce la giochiamo. Tutto è nelle nostre mani. Con il lavoro e con il sacrificio siamo lì e ce la giochiamo, sarà difficile e finora non abbiamo fatto niente. Quando abbiamo capito di poter lottare? Non c'è stato un momento preciso. Partita dopo partita ci siamo costruiti questo percorso. Ora serve l'ultimo passo: il gruppo è unito, crede nell’obiettivo. Quando sei primo per tanto tempo non è mai per caso. Futuro dopo il calcio? Lo vedo ancora lontano, ma stiamo bene qui. Le mie figlie sono napoletane, ho casa a Napoli e sono legato a questa città. Il murales? Mi emoziona: resterà per sempre".

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30/04/2025 - 11:32

NAPOLI - Giovanni Di Lorenzo, terzino e capitano del Napoli, è intervenuto in esclusiva ai microfoni di Radio CRC: "Sono già passati sei anni a Napoli, qui sto bene con la mia famiglia ed è successo davvero di tutto. Due anni fa abbiamo vinto lo scudetto e mai avrei immaginato di essere capitano come Maradona. Ogni giorno cerco di meritarmela e di rappresentare al meglio la società e la squadra. Come mi comporto coi nuovi arrivi? Spesso sono io a muovermi verso di loro, per metterli a loro agio e per farli inserire, magari con un messaggio o una chiamata. Gli consiglio le stesse cose che dissero a me quando arrivai, la cosa fondamentale sia vivere la città come una persona normale e non sentendosi diversi. Io esco spesso in centro, scendo e non vivo male la città. Lecce? Ci tengo prima di tutto a mandare un abbraccio alla famiglia del fisioterapista del Lecce, la notizia ci ha colpiti molto. Sarà una partita difficile: loro lottano per salvarsi, e questa tragedia ha reso l’atmosfera particolare. Ma noi vogliamo portare a casa la vittoria. Conte? Da capitano sono il più vicino all’allenatore, passo i suoi messaggi alla squadra. Fin dal primo giorno c’è stato un legame diretto, sincero e leale. La base è la sincerità: Conte è un allenatore forte, conoscevo già le sue qualità da avversario e in questi mesi le ha confermate. Siamo felici di averlo con noi. La forza del Napoli? Il gruppo. Dietro ogni grande vittoria e ogni grande squadra c’è un gruppo solido. Quando ci si vuole bene davvero, si affronta tutto meglio. Le difficoltà arriveranno, come sempre, ma ciò che conta è come reagiamo. Se il gruppo è sano, superare i limiti diventa più semplice. L'importanza della catena di destra con Politano e Anguissa? Ci conosciamo bene, da anni. Sappiamo leggere i movimenti l’uno dell’altro, ed è una qualità che ci portiamo dietro nel tempo. Ma il merito è anche del mister, che tiene alta l’intensità e coinvolge tutti. Anche chi gioca meno dà un contributo importante: è questo spirito che porta i risultati. I leader dello spogliatoio? I più esperti devono esserlo e tutti devono sentirsi leader per rappresentare la città. Un nome? Lobotka, è silenzioso, ma quando la palla pesa la cerca e non si nasconde. Si prende la responsabilità in campo: non parla tantissimo, ma è il primo a battagliare. Il match più difficile della stagione? Togliendo la Coppa Italia, direi col Bologna. L'estate è stata particolare per me, tornare al Maradona e segnare il primo gol è stato bello, come ritornare a com'era prima, all'amore per la città e per i tifosi. Emozionalmente è stata quella. La notizia di Conte al Napoli? Ero all’Europeo, si leggeva del nome del mister ed ho subito pensavo che fosse l’allenatore e la persona giusta per noi. A distanza di 10 mesi posso confermarlo. Dalle prime telefonate, mi ha subito trasmesso fiducia e stima e mi ha detto che aveva bisogno di me per ripartire per riportare il Napoli a competere. Anche io avevo bisogno di lui, la squadra aveva bisogno di lui. Il mister ci ha portati ad un livello importante in poco tempo. I miei idoli? Da bambino vuoi sempre segnare, avevo il soprannome 'Batigol' perchè un dirigente della scuola calcio era tifoso della Fiorentina e di Batistuta. Però non ho un idolo a cui mi sono ispirato, adesso guardo i più forti nel mio ruolo e cerco di prendere qualcosa dagli altri. Kvaratskhelia? Ieri sera ho visto la sua partita con il PSG: è fortissimo e gli auguro il meglio, anche di vincere la Champions League. Il mio idolo? Da bambino vuoi sempre segnare, avevo il soprannome 'Batigol' perché un dirigente della scuola calcio era tifoso della Fiorentina e di Batistuta. Però non ho un idolo a cui mi sono ispirato. Il miglior terzino della storia? Ogni epoca ha i suoi. Il ruolo è cambiato: oggi si chiede di fare molto di più, anche da registi. Ho cercato di migliorarmi, grazie anche ai miei compagni. Si parla di scudetto nello spogliatoio? Siamo a un punto cruciale. All'inizio sembrava irraggiungibile, ora siamo lì: difficile, ma ce la giochiamo. Tutto è nelle nostre mani. Con il lavoro e con il sacrificio siamo lì e ce la giochiamo, sarà difficile e finora non abbiamo fatto niente. Quando abbiamo capito di poter lottare? Non c'è stato un momento preciso. Partita dopo partita ci siamo costruiti questo percorso. Ora serve l'ultimo passo: il gruppo è unito, crede nell’obiettivo. Quando sei primo per tanto tempo non è mai per caso. Futuro dopo il calcio? Lo vedo ancora lontano, ma stiamo bene qui. Le mie figlie sono napoletane, ho casa a Napoli e sono legato a questa città. Il murales? Mi emoziona: resterà per sempre".