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IL PARERE - Accardi: "De Bruyne può fare la differenza in Serie A, vale anche per Modric"
10.07.2025 11:57 di Napoli Magazine

A “1 Football Club”, su 1 Station Radio, è intervenuto Beppe Accardi, agente FIFA. 

Per quanto riguarda il “caso Osimhen”, la clausola rescissoria di un calciatore deve essere pagata in un’unica soluzione oppure può essere dilazionata? 

“Se tu la paghi in tre o quattro tranche, non stai attivando una clausola, ma stai semplicemente trovando un accordo con il club che detiene il cartellino del calciatore. La clausola risolutoria prevede un accordo tra il calciatore e la società, ma nel momento in cui il giocatore firma con un altro club, quell’accordo è a parte e non ha nulla a che vedere con la clausola".

Dunque, se un club propone di pagare la clausola rescissoria in più tranche, il club proprietario del cartellino può opporsi? 

“Certo che può opporsi. Se non si trova un accordo per attivare quella clausola, il club può tranquillamente rifiutare. Deve esserci sempre un’intesa tra le parti. Se non hai quell’accordo, devi crearne uno nuovo che stabilisca altri presupposti. Quindi, finché non si ratificano nuovi termini, il club può dire no alla dilazione".

Nel caso specifico, dunque, Victor Osimhen potrà andare al Galatasaray solo se il Napoli accetterà la proposta di pagamento dilazionato avanzata dal club turco? 

“Ovviamente sì. Se io porto 75 milioni in contanti, prendo il giocatore e il Napoli non può fare nulla. Ma se porto 15 milioni, quella non è una clausola: è un’altra trattativa. La clausola vale solo se versi la cifra intera. Il giocatore, presentandosi con 75 milioni cash, ha diritto a risolvere il contratto. Se invece vuoi rinegoziare, allora devi ratificare un nuovo accordo. Se non lo fai, quei 75 milioni vanno pagati subito, tutti insieme".

Focus Lazio. Il club sembra attraversare una fase di stagnazione. Alla luce dell’attuale strategia, quale potrebbe essere la via d’uscita? 

“Ormai ci siamo abituati a sorprenderci. Lotito è uno che, prima di buttare soldi, ci pensa cento volte. Da un certo punto di vista fa anche bene, perché guarda in che situazione si trovano molte società italiane: devono fare salti mortali per restare a galla. Da lui mi aspetto che, al momento giusto, sappia muoversi nella maniera corretta. In Italia tendiamo ad amplificare tutto e Sarri lo conoscete anche voi: non va da nessuna parte senza precise garanzie. Non ha problemi a lavorare con i giocatori che ci sono già. Non è uno fissato coi nomi altisonanti. Se gli dai un gruppo, lui lavora con quello che ha, è pratico, concreto. E spesso ottiene anche il massimo. Ecco perché sono convinto che, alla fine, farà un buon lavoro".

Allargando lo sguardo all’intero sistema calcio italiano, quale fotografia si sentirebbe di fare? 

“È meglio non parlarne, sennò ci mettiamo a piangere. Stiamo andando sempre più verso il degrado. Vedo sempre meno competenza, sempre meno capacità di creare una filiera dai settori giovanili fino alla prima squadra. Non abbiamo più campioni italiani. Ma la cosa peggiore è che non arrivano più nemmeno i grandi stranieri, se non quelli che sono ormai avanti con l’età. Una volta avevamo il campionato più bello del mondo. Ora non è più così. E non solo per colpa della cattiva gestione economica delle società, ma anche per tante altre ragioni. L’altro giorno ho visto le immagini del funerale del giocatore del Liverpool (Diogo Jota, ndr): stadio pieno, tutti con la maglia, un attaccamento ai colori incredibile. Ecco, quella è la differenza con il calcio italiano. Qui si è persa la passione, l’amore per la maglia. Oggi viviamo di polemiche, di lamentele. Siamo diventati come la politica italiana: qualunque cosa succeda è un problema, e in più ci aggiungiamo del nostro. Il caso Salernitana, quello del Brescia… dovrebbero farci riflettere. Non puoi accorgerti a fine maggio, a campionato finito, che certi parametri erano sballati. E la cosa ancora più grave è che nessuno, nei tre o quattro mesi precedenti, si fosse accorto che certe società, che si reggevano sui crediti d’imposta, erano praticamente fallite. Se te ne accorgi solo a giochi fatti, è ovvio che perdiamo di credibilità. E la gente si allontana dal calcio".

Alla luce di questo, si può dire che la Serie A si stia trasformando in un “cimitero degli elefanti”? Kevin De Bruyne, ad esempio, è un calciatore che può ancora fare la differenza? 

“Secondo me sì, può ancora fare la differenza. Come sono convinto che anche Modric possa fare bene al Milan. Paradossalmente, sono giocatori che hanno ancora qualcosa da dare. Il problema è un altro: per prendere De Bruyne, dobbiamo aspettare che diventi un calciatore da “cimitero degli elefanti”. Lo stesso vale per Modric. Non dimentichiamoci che una volta portavamo in Italia Maradona quando era il più forte al mondo, e giovane. Noi eravamo quelli. Oggi i nostri giocatori e allenatori preferiscono andare in Arabia, in Canada, in altri campionati. E non è solo una questione economica. È una questione di appeal. Lo abbiamo perso. E dobbiamo riprendercelo, ma prima ancora dobbiamo riguadagnare credibilità. Perché se abbiamo avuto in passato grandi campioni e oggi nessuno di loro è coinvolto nel sistema calcio, allora è chiaro che i risultati sono quelli che vediamo".

Recentemente è tornato alla ribalta il caso di Roberto Baggio, escluso anni fa da un incarico nella Federazione nonostante avesse presentato un progetto dettagliato. Che idea si è fatto? 

“Ho letto quell’articolo. Baggio aveva scritto un progetto di 800 pagine, voleva davvero contribuire a cambiare le cose. Ma è stato ignorato. Il problema è che Roberto è una persona perbene. E le persone perbene, nei giochi politici, spesso danno fastidio. Probabilmente avrebbe ostacolato meccanismi poco trasparenti. Se continuiamo a escludere gente come lui, che potrebbe dare tantissimo al nostro calcio, allora è inutile lamentarci se il sistema non funziona".

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IL PARERE - Accardi: "De Bruyne può fare la differenza in Serie A, vale anche per Modric"

di Napoli Magazine

10/07/2025 - 11:57

A “1 Football Club”, su 1 Station Radio, è intervenuto Beppe Accardi, agente FIFA. 

Per quanto riguarda il “caso Osimhen”, la clausola rescissoria di un calciatore deve essere pagata in un’unica soluzione oppure può essere dilazionata? 

“Se tu la paghi in tre o quattro tranche, non stai attivando una clausola, ma stai semplicemente trovando un accordo con il club che detiene il cartellino del calciatore. La clausola risolutoria prevede un accordo tra il calciatore e la società, ma nel momento in cui il giocatore firma con un altro club, quell’accordo è a parte e non ha nulla a che vedere con la clausola".

Dunque, se un club propone di pagare la clausola rescissoria in più tranche, il club proprietario del cartellino può opporsi? 

“Certo che può opporsi. Se non si trova un accordo per attivare quella clausola, il club può tranquillamente rifiutare. Deve esserci sempre un’intesa tra le parti. Se non hai quell’accordo, devi crearne uno nuovo che stabilisca altri presupposti. Quindi, finché non si ratificano nuovi termini, il club può dire no alla dilazione".

Nel caso specifico, dunque, Victor Osimhen potrà andare al Galatasaray solo se il Napoli accetterà la proposta di pagamento dilazionato avanzata dal club turco? 

“Ovviamente sì. Se io porto 75 milioni in contanti, prendo il giocatore e il Napoli non può fare nulla. Ma se porto 15 milioni, quella non è una clausola: è un’altra trattativa. La clausola vale solo se versi la cifra intera. Il giocatore, presentandosi con 75 milioni cash, ha diritto a risolvere il contratto. Se invece vuoi rinegoziare, allora devi ratificare un nuovo accordo. Se non lo fai, quei 75 milioni vanno pagati subito, tutti insieme".

Focus Lazio. Il club sembra attraversare una fase di stagnazione. Alla luce dell’attuale strategia, quale potrebbe essere la via d’uscita? 

“Ormai ci siamo abituati a sorprenderci. Lotito è uno che, prima di buttare soldi, ci pensa cento volte. Da un certo punto di vista fa anche bene, perché guarda in che situazione si trovano molte società italiane: devono fare salti mortali per restare a galla. Da lui mi aspetto che, al momento giusto, sappia muoversi nella maniera corretta. In Italia tendiamo ad amplificare tutto e Sarri lo conoscete anche voi: non va da nessuna parte senza precise garanzie. Non ha problemi a lavorare con i giocatori che ci sono già. Non è uno fissato coi nomi altisonanti. Se gli dai un gruppo, lui lavora con quello che ha, è pratico, concreto. E spesso ottiene anche il massimo. Ecco perché sono convinto che, alla fine, farà un buon lavoro".

Allargando lo sguardo all’intero sistema calcio italiano, quale fotografia si sentirebbe di fare? 

“È meglio non parlarne, sennò ci mettiamo a piangere. Stiamo andando sempre più verso il degrado. Vedo sempre meno competenza, sempre meno capacità di creare una filiera dai settori giovanili fino alla prima squadra. Non abbiamo più campioni italiani. Ma la cosa peggiore è che non arrivano più nemmeno i grandi stranieri, se non quelli che sono ormai avanti con l’età. Una volta avevamo il campionato più bello del mondo. Ora non è più così. E non solo per colpa della cattiva gestione economica delle società, ma anche per tante altre ragioni. L’altro giorno ho visto le immagini del funerale del giocatore del Liverpool (Diogo Jota, ndr): stadio pieno, tutti con la maglia, un attaccamento ai colori incredibile. Ecco, quella è la differenza con il calcio italiano. Qui si è persa la passione, l’amore per la maglia. Oggi viviamo di polemiche, di lamentele. Siamo diventati come la politica italiana: qualunque cosa succeda è un problema, e in più ci aggiungiamo del nostro. Il caso Salernitana, quello del Brescia… dovrebbero farci riflettere. Non puoi accorgerti a fine maggio, a campionato finito, che certi parametri erano sballati. E la cosa ancora più grave è che nessuno, nei tre o quattro mesi precedenti, si fosse accorto che certe società, che si reggevano sui crediti d’imposta, erano praticamente fallite. Se te ne accorgi solo a giochi fatti, è ovvio che perdiamo di credibilità. E la gente si allontana dal calcio".

Alla luce di questo, si può dire che la Serie A si stia trasformando in un “cimitero degli elefanti”? Kevin De Bruyne, ad esempio, è un calciatore che può ancora fare la differenza? 

“Secondo me sì, può ancora fare la differenza. Come sono convinto che anche Modric possa fare bene al Milan. Paradossalmente, sono giocatori che hanno ancora qualcosa da dare. Il problema è un altro: per prendere De Bruyne, dobbiamo aspettare che diventi un calciatore da “cimitero degli elefanti”. Lo stesso vale per Modric. Non dimentichiamoci che una volta portavamo in Italia Maradona quando era il più forte al mondo, e giovane. Noi eravamo quelli. Oggi i nostri giocatori e allenatori preferiscono andare in Arabia, in Canada, in altri campionati. E non è solo una questione economica. È una questione di appeal. Lo abbiamo perso. E dobbiamo riprendercelo, ma prima ancora dobbiamo riguadagnare credibilità. Perché se abbiamo avuto in passato grandi campioni e oggi nessuno di loro è coinvolto nel sistema calcio, allora è chiaro che i risultati sono quelli che vediamo".

Recentemente è tornato alla ribalta il caso di Roberto Baggio, escluso anni fa da un incarico nella Federazione nonostante avesse presentato un progetto dettagliato. Che idea si è fatto? 

“Ho letto quell’articolo. Baggio aveva scritto un progetto di 800 pagine, voleva davvero contribuire a cambiare le cose. Ma è stato ignorato. Il problema è che Roberto è una persona perbene. E le persone perbene, nei giochi politici, spesso danno fastidio. Probabilmente avrebbe ostacolato meccanismi poco trasparenti. Se continuiamo a escludere gente come lui, che potrebbe dare tantissimo al nostro calcio, allora è inutile lamentarci se il sistema non funziona".